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Comunicato stampa - Decreto dignità: Confindustria, segnale molto negativo per imprese

DL DIGNITA’: CONFINDUSTRIA, SEGNALE MOLTO NEGATIVO PER IMPRESE

Così più incerto e imprevedibile quadro regole

 

Roma, 3 luglio 2018 - Il decreto-legge “dignità” approvato ieri è il primo vero atto collegiale del nuovo Esecutivo e, anche per questo, è un segnale molto negativo per il mondo delle imprese.

Questo il primo commento di Confindustria sulle decisioni assunte ieri dal Consiglio dei Ministri.

Come abbiamo sempre sostenuto – prosegue Confindustria – sono infatti le imprese che creano il lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti.

Il contrario di ciò che è avvenuto col decreto “dignità”. Mentre infatti i dati ISTAT raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Peraltro, le nuove regole saranno poco utili rispetto all’obiettivo dichiarato – contrastare la precarietà – perché l’incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati è, in Italia, in linea con la media europea.

Il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà.

Preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un’interminabile corsa elettorale all’interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni.

Valutazioni analoghe anche per la stretta in tema di delocalizzazioni. L’Italia è un grande Paese industriale, la seconda potenza manifatturiera in Europa dopo la Germania, e avrebbe bisogno di regole per attrarre gli investimenti, interni ed esteri. Quelle scritte ieri, invece, gli investimenti rischiano di disincentivarli.

Sia chiaro: colpire duramente i comportamenti opportunistici di chi assume un impegno con lo Stato e poi non lo mantiene è un obiettivo che condividiamo. Ma revocare gli incentivi per colpire situazioni di effettiva distrazione di attività produttive e di basi occupazionali dall’Italia è un conto; altro è, invece, disegnare regole punitive e dalla portata tanto ampia quanto generica

L’unico denominatore comune delle scelte fatte in tema di lavoro e delocalizzazioni è di rendere più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese italiane: l’esatto contrario delle finalità di semplificazione e snellimento burocratico dichiarate dal nuovo Governo all’atto del suo insediamento.

 

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Nota tecnica

Contratto a termine

La durata "ordinaria" del contratto a termine viene ridotta da 36 a 12 mesi.

Viene teoricamente prevista la possibilità che il contratto a termine possa avere una durata più lunga, ma comunque con un termine massimo di 24 mesi, ma le condizioni che dovrebbero consentire questo ipotetico prolungamento sono sostanzialmente irrealizzabili, oltrechè assolutamente indeterminate e, quindi, incerte e, pertanto, pienamente esposte all'intervento "interpretativo" dei giudici.

Ciò perchè occorrerebbe che l'impresa riuscisse a prevedere, con un anticipo di 12 mesi ( ossia al momento della sottoscrizione del contratto) il verificarsi di "esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività" ovvero "esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria".

E' prevista la possibilità di sottoscrivere contratti a termine "sostitutivi" pur nei limiti temporali suddetti
Proroghe e rinnovi oltre i dodici mesi di rapporto sono sottoposti alla condizione del verificarsi delle stesse esigenze sopra ricordate.

Le proroghe sono ridotte da 5 a 4 ma nei primi 12 mesi di rapporto le proroghe sono libere

Il termine per impugnare i contratti a tempo determinato è elevato da 120 a 180 giorni.

Le nuove norme si applicano solo ai contratti a termine stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto legge nonchè alle proroghe e rinnovi riguardanti contratti in corso.

Al contrario della prima formulazione delle norma, i contratti a termine per ragioni stagionali sono esenti dal limite massimo di durata.

Viene aumentato dello 0,50% il contributo aggiuntivo, a sostegno della disoccupazione, dovuto in caso di contratto a termine: l'aumento è progressivo nel senso che si aggiunge uno 0,5% ulteriore ad ogni rinnovo.

 

Somministrazione di lavoro 

La normazione è complessivamente migliorata rispetto alla prima versione del decreto, in quanto non è più prevista l'abrogazione della somministrazione a tempo indeterminato e non è più previsto che il numero dei lavoratori somministrati si conteggi nei limiti numerici fissati dalla legge e dai contratti.

Resta però il fatto che il contratto di lavoro a termine che le agenzie per il lavoro stipuleranno con i singoli lavoratori da inviare in missione presso le imprese utilizzatrici è soggetto agli stessi limiti di durata e alle stesse limitazioni su proroghe e rinnovi previste per il contratto a tempo determinato.

I contratti a termine stipulati dalle agenzie per il lavoro non sono soggetti alla normativa sulla precedenza nelle riassunzioni e al limite del numero massimo di contratti a termine stipulabili dalla singola agenzia per il lavoro.

 

Licenziamenti 

Le mensilità minime e massime, legate alla anzianità di servizio del lavoratore, da corrispondere in caso di licenziamento dichiarato illegittimo sono aumentate del 50% passando a sei e trentasei mensilità ( rispetto a 4 e 24 )

Non viene invece modificata la norma che, a rigore è logicamente correlata, sulla misura delle mensilità dovute in caso di "offerta conciliativa".

Il Sistema Confindustria Romagna